Influencer marketing e musei: moda o efficace strategia di engagement?

Aumentare il numero dei fruitori giovani attraverso un linguaggio narrativo differente è il motivo per cui, di recente, molti musei ed istituzioni culturali stanno adottando mirate strategie di influencer marketing. In particolare dopo l’emergenza Covid ed il lockdown, a causa della conseguente crisi, una delle modalità di engagement più utilizzate dai nostri musei è quella di invitare blogger e influencer ad effettuare una visita a porte chiuse raccontando, attraverso post e immagini, la loro esperienza culturale. Ed ecco che quei luoghi assumono un valore diverso agli occhi di giovani e giovanissimi che, spinti dal racconto di personaggi di grande carisma mediatico, sembrano incentivati alla loro conoscenza ritenendoli, di conseguenza, cool e di grande appeal non solo per i capolavori che vi sono custoditi. Al centro delle più recenti cronache si segnala il caso dei Musei Vaticani che, a seguito della visita privata – non scevra da polemiche – dell’influencer Chiara Ferragni e di suo marito Fedez, all’interno della Cappella Sistina, hanno deciso di “reinventarsi” dopo il notevole calo dei visitatori post Covid puntando su proposte premium come tour privati o visite speciali, promosse sulla scia mediatica della visita dei celebri Ferragnez documentata con video e scatti patinati pubblicati su Instagram.Nel caso dei tanto discussi post della Ferragni si nota che il pubblico non solo ha apprezzato la location degli scatti ma, numero di like alla mano, anche la società che ha organizzato il suo tour romano. Anche il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, anni fa, adottò una simile strategia; in quel caso, venne scelto di affidarsi ai The Jackal, un gruppo di videomaker napoletani dalla spiccata ironia che, con il loro video, ottennero oltre 2.000.000 visualizzazioni sulle piattaforme Facebook e Youtube.
Se gli influencer rappresentassero, quindi una strategia realmente efficace, in particolare a fronte di un’oggettiva necessità di rilancio, per stimolare la curiosità dei più giovani ed incentivarli alla visita di musei e luoghi d’arte, perché disdegnarne il coinvolgimento? E se di cento che magari entrano in un museo per moda, dieci volessero approfondire, non sarebbe una vittoria? Non a caso le strategie digitali dei musei puntano già, e dovrebbero farlo ancora di più in futuro, a ottimizzare la componente esperienziale. L’Associazione Civita, con il proprio Centro Studi, da sempre indaga le opportunità e potenzialità di sviluppo offerte dal digitale nell’ambito dei beni culturali; in particolare, nel X Rapporto Civita “#SOCIALMUSEUMS. Social media e cultura fra post e tweet”, vengono analizzate le potenzialità offerte dalle piattaforme social alla comunicazione culturale delle istituzioni museali del nostro Paese. Dallo studio emerge l’importanza di pianificare in modo strategico la comunicazione social, affidandosi a specifici professionisti che, oltre alla costruzione di contenuti di qualità, sappiano mantenere un dialogo costante ed affidabile con il proprio pubblico di riferimento. Non è sufficiente, pertanto, avere qualche migliaio di follower per essere considerati stakeholder interessanti per il settore culturale ma, oltre ad una mirata strategia di fondo, è importante curare il linguaggio e il tono di voce con cui ci si rivolge agli utenti che, più che dai messaggi imposti dai brand, prediligono oggi l’opinione di una persona in cui si possono ritrovare, anche in termini di fiducia, decidendo in autonomia cosa è meglio per loro. Da parte dei musei, inoltre, è imprescindibile affiancare tali strategie di comunicazione a politiche di orari di apertura e tariffarie ad hoc per il pubblico dei giovani. Al di là dei tanto discussi post della Ferragni in visita a Roma, ben venga una costruttiva riflessione sulle potenzialità delle piattaforme social a vantaggio della promozione del nostro inestimabile patrimonio culturale che, grazie alle nuove tecnologie, può oggi essere raccontato in modo inedito ed innovativo.