Millennial, Baby Boomer, Generazione Z. Quando la collaborazione intergenerazionale è vincente

Intervista a Giuliano Favini, Amministratore Delegato Logotel

 

Come è nata l’idea di dedicare il Vostro 11° quaderno di “Weconomy” alla collaborazione fra diverse generazioni?

In un certo senso, è stata una scelta naturale. Nel numero precedente – P.O.P Collaboration – ci siamo soffermati su come l’“Io” cambia e si amplifica in relazione con gli altri. Nelle organizzazioni i lavori esecutivi, svolti in solitudine, sono sempre meno. Mentre la collaborazione tra professionalità, discipline e tra persone con culture differenti è sempre più una necessità. E la vera collaborazione non è una procedura: si fonda sull’unicità delle persone e include anche quella spontaneità che genera momenti creativi e che fa la differenza. Di qui il passo successivo: dovevamo riflettere su come questa unicità derivi – in parte – da una componente “generazionale”. Così, con il Quaderno 11, ci siamo dati un obiettivo: superare quella dimensione merceologica, che suddivide le persone in cluster basati sulla data di nascita, con valori, gusti e culture inconciliabili. Perché una cosa è certa: oggi, in azienda, collaborano 5 generazioni che generano prodotti e servizi per 7 generazioni di clienti finali. È la prima volta nella storia e crediamo non debba essere una convivenza forzata bensì un’occasione per ripensare tutto il sistema azienda-persona.

Quali sono le principali condizioni per favorire un’efficace collaborazione intergenerazionale in ambito aziendale, creando valore ed arricchimento?

Non esistono risposte semplici. Per gli eventi storici, politici e culturali che ha vissuto, un Millennial (1981-1995) tende a favorire la trasparenza e gli scambi paritetici, mentre un Generation X (1966-1980) crede nella realizzazione individuale e non tollera bene l’autorità, un Baby Boomer (1946-1965) invece si sente gratificato dal riconoscimento della propria esperienza. Cosa succede se queste persone lavorano nello stesso team, inconsapevoli dei propri valori, magari con rapporti gerarchici diversi? Le trappole sono tante. Il primo passo è scoprire cosa fonda queste identità. Perché, se dovessi scegliere due condizioni per la collaborazione tra generazioni, sarebbero: favorire ciò rendere fluide le relazioni in azienda e rompere l’equazione: anzianità lavorativa = esperienza. E così: il peso che un Baby Boomer dà all’esperienza può farne un ottimo storyteller (una competenza nuova che si basa su una passione coltivata nella vita), mentre l’attitudine a condividere e a imparare da sé di un Millennial ne fa un potenziale coach (una competenza vecchia acquisita però fuori dagli schemi, nel mondo digitale).

Oltre ai Millennials, al centro dell’attenzione dei media e di mirate campagne di marketing, quali sono, in breve, le caratteristiche delle altre generazioni analizzate?

Ci sono tantissimi studi e non sempre concordano. Noi ci siamo dati una regola per individuare i tratti comuni di una generazione: prendiamo la data di nascita e aggiungiamo 12/15 anni. In questo intervallo di tempo una persona diventa consapevole, inizia a esplorare il mondo e a documentarsi. Tutti gli eventi nel mezzo formano la sua identità. Con questo punto di vista possiamo comprendere in che modo l’attentato alle Torri Gemelle, Internet e il film Matrix fanno di un Millennial ciò che è. È un esercizio utile per qualunque generazione, ci aiuta a seguirla nel tempo, fuori dalle visioni semplificate. Perché oggi i Millennial non sono più così giovani (i più “vecchi” hanno 38 anni) la maggior parte non è “nomade” ma ha comprato casa, spesso lavora da più di 10 anni. Insomma non possiamo più leggerli con la lente di qualche anno fa. Di certo però continueranno a essere nativi digitali. Questo lavoro diventa tanto più utile quando si affronta una generazione il cui “Io” si è appena sedimentato, come per la Generazione Z (1996-2012), di cui oggi possiamo dire: sono “supereroi pragmatici”, vogliono salvare il mondo dal caos delle generazioni precedenti. In che modo tutto ciò li farà crescere e li metterà in relazione con gli altri? Dobbiamo imparare a comprenderli e a seguire le loro passioni.

 

Riferimenti

Weconomy è il progetto di ricerca open della service design company Logotel. I suoi 13 quaderni, incluso l’ultimo Kill Skill, sono liberamente scaricabili su weconomy.it, sulla nostra app e ascoltabili in versione podcast su Spotify.