XII Rapporto Civita “Next Generation Culture”: risultati della ricerca e proposte

Durante la pandemia globale, i media digitali hanno vissuto un’età dell’oro, costituendo un ponte per rimanere connessi attraverso un’entusiasmante gamma di esperienze e favorendo la penetrazione nel settore culturale di linguaggi immersivi, tecnologie virtuali e aumentate.
Il lavoro di analisi del XII Rapporto Civita, coordinata dal Centro Studi dell’Associazione Civita e condotta in collaborazione con ICOM Italia, intende fornire un contributo per lo sviluppo, da parte degli operatori culturali, di strategie innovative di valorizzazione e gestione del patrimonio, necessarie in particolare nella fase che stiamo attraversando.
Quali opportunità sono offerte alle realtà culturali dalla rivoluzione digitale? Quali scenari futuri si configurano in quello che sarà il new normal della fruizione culturale e turistica? Quali priorità strategiche emergono per i policy maker e gli operatori culturali?
Il Rapporto, edito da Marsilio Editori, intende rispondere a queste domande, fornendo delle proposte, non prima però di aver messo a fuoco la situazione dell’ultimo anno, osservata dal triplice punto di vista delle istituzioni museali, dell’utenza e degli operatori di mercato, in particolare le industrie tecnologiche.

Per i musei il 2020 è stato un anno di sondaggi, mirati principalmente ad analizzare gli effetti causati dalla pandemia, le sue ricadute su attività e professionalità, oltre alle strategie utilizzate. Spesso al centro di queste analisi è il digitale, riferito il più delle volte agli aspetti comunicativi e divulgativi. Le survey prese in analisi sono state realizzate da istituzioni, enti di ricerca e altre realtà attive nel settore creativo e culturale per indagare gli impatti della pandemia. Il confronto fra i risultati di diversi sondaggi evidenzia, in Italia come a livello internazionale, un significativo incremento dell’offerta digitale dei musei (intensificazione delle attività sui social media già in uso, attivazione di nuovi canali, realizzazione di nuovi contenuti nella forma di tour virtuali, video, live webinar e podcast). Le indagini hanno anche confermato alcune criticità strutturali del settore, legate in particolare al fatto che la comunicazione digitale spesso non è accompagnata dalla presenza di una strategia apposita, da adeguate figure professionali e da investimenti a lungo-medio termine.
Pertanto, l’emergenza ha messo in evidenza che il rapporto tra musei – soprattutto piccoli e medi musei – e digitale è complesso, variegato e non sempre al passo con i tempi e i modi che la liquidità e la pervasività tecnologica impongono per destare l’interesse in particolare delle generazioni più giovani.

Dal punto di vista della utenza, l’impatto che la digital transformation in ambito culturale esercita sull’audience è stato indagato attraverso diverse metodologie.
In primo luogo, sono state analizzate le risposte fornite al sondaggio lanciato online al pubblico dalla DG Musei del MiC durante la fase I del lockdown, al fine di verificare lo stato delle relazioni tra le persone e i luoghi della cultura in quella stagione di isolamento forzato, durante la quale i musei hanno molto accresciuto la propria offerta di contenuti digitali disponibili on line.
Il 72% dei rispondenti ha visitato siti Internet o profili social di musei, italiani o stranieri, e ha avuto la possibilità di accedere a tali nuovi contenuti. Sito del museo, Facebook, YouTube e Instagram sono state le piattaforme e i canali prescelti (rispettivamente dal 74%, 56%, 38% e 36%). I contenuti preferiti e maggiormente apprezzati sono stati i video (76%), le foto (56%), le conferenze e i seminari on line (34%). La comunicazione rimane prevalentemente mono-direzionale e con uno scarso grado di interazione. Sulla base del rapporto individuale con il mondo della cultura sono emersi dal campione 5 profili a cui corrispondono diversi atteggiamenti rispetto alle soluzioni digitali adottate dai musei durante la chiusura: gli appassionati (48% degli intervistati), gli addetti ai lavori (23%), gli affezionati (14,8%), gli occasionali (11,9%), i tiepidi (meno del 2% del campione).
Sono stati osservati anche i comportamenti e il sentiment dell’utenza rispetto ai contenuti culturali veicolati attraverso le tecnologie e i linguaggi immersivi (realtà virtuale VR, realtà aumentata AR, mixed reality MR).
Dall’analisi emerge che la quantità (se non la qualità) dell’esperienza on line offerta dai musei durante l’ultimo anno non è stata in grado di garantire la costruzione di una relazione digitale continuata e significativa con gli utenti, probabilmente per una carenza di visione strategica complessiva, oltre che di efficacia dello strumento specifico della VR.

Dal punto di vista, infine, delle imprese ICT, è stata indagata, su un campione di imprese operanti nel settore, la dimensione dell’innovazione alimentata dall’ecosistema di aziende tecnologiche che offrono servizi e prodotti avanzati per il settore culturale e turistico (per lo più imprese giovani, startup innovative con una decina di addetti, nate talora come spinoff universitari e localizzate prevalentemente nel Lazio, Lombardia, Veneto, Campania e Sicilia).
La convergenza di trend tecnologici che riguardano il machine learning e l’intelligenza artificiale, l’acquisizione e la visualizzazione in 3d nell’ambito di soluzioni immersive, la diffusione di dispositivi mobili e indossabili, sino alla standardizzazione del 5G, sta generando impatti sempre più dirompenti sulle modalità con cui i contenuti culturali vengono fruiti dall’utente, oltre che sui processi creativi e sulle dinamiche di gestione dei flussi e di allestimento degli spazi culturali. Guardando al mercato, fra i principali ambiti in espansione spiccano: l’intersezione tra arte e videogiochi (gamification); la sperimentazione di modalità innovative di applicazione della realtà virtuale (VR) a servizio della cultura e della creatività; la creazione di piattaforme che, grazie alla computer vision, riconoscono opere d’arte consentendo all’utente di visualizzare contenuti multimediali extra sul device e orientarsi lungo percorsi tematici; l’applicazione in ambito turistico di tecnologie immersive in grado di condizionare il processo di scelta e acquisto di destinazioni/esperienze; la realizzazione negli spazi urbani di opere digitali in realtà aumentata (AR), fruibili attraverso l’utilizzo di smart device e appositi visori.
Con l’indagine quali/quantitativa sono emersi anche alcuni elementi di criticità che incidono nelle interazioni fra gli attori del sistema. Molti (eccessiva autoreferenzialità, mancanza di competenza tecnologica, diffidenza nei confronti delle tecnologie immersive, scarsa attitudine alla sperimentazione dell’innovazione) sono riscontrati in capo ai soggetti pubblici responsabili del settore culturale.

In questo scenario si inseriscono le proposte dell’Associazione Civita.
L’esperienza pandemica ha impartito diversi insegnamenti: in primis che è necessario ripensare i modelli organizzativi e valorizzare in modo innovativo il patrimonio culturale, favorendo attraverso il digitale un’accessibilità molto più ampia ed inclusiva rispetto al passato.
Le offerte digitali devono consentire l’esperienza, la personalizzazione e la possibilità di scambiare informazioni. Qualsiasi tipo di offerta creata deve essere il più inclusiva possibile, sia seguendo le indicazioni per l’accessibilità on line e digitale, sia attraverso la “resa comprensibile” dei contenuti, che devono superare le barriere culturali. Anche per questo motivo è fondamentale che sia elaborata dall’istituzione culturale una web strategy al fine di definire le scelte digitali, i target, i linguaggi, le policy e le modalità e gli strumenti di monitoraggio con le relative metriche.
Dall’analisi sviluppata nel Rapporto si ricava un decalogo di regole-chiave per la comunicazione dei musei: 1) essere digitalmente presenti; 2) privilegiare la comunicazione per immagini; 3) pensare i palinsesti e produzioni innovative; 4) adattare la visualizzazione ai formati mobile; 5) interagire e rispondere sempre al pubblico; 6) rendere il museo un luogo della scoperta e dell’immaginazione; 7) essere chiari negli obiettivi e dinamici nelle strategie; 8) rafforzare la dimensione ludica del museo; 9) sviluppare nuovi approcci narrativi e di storytelling; 10) garantire un ascolto costante della propria audience.
Ad un livello più generale, in termini di policy è possibile definire alcune priorità strategiche:
– individuare quali siano le reali esigenze del settore culturale, mettendole in relazione con le risorse e le soluzioni tecnologiche esistenti;
– adottare una visione di lungo periodo ancorata alla capacità di far rete fra operatori, imprese e istituzioni culturali, sfruttando la tecnologia come fattore abilitante;
– garantire, da parte delle pubbliche amministrazioni, un investimento nelle digital skills all’interno delle istituzioni culturali;
– progettare modelli data driven di misurazione delle performance, che garantirebbero più elevati standard di efficacia ed efficienza alle soluzioni innovative adottate;
– immaginare uno sviluppo delle esperienze ludico-didattiche da vivere all’interno degli spazi culturali e da veicolare all’esterno attraverso soluzioni e strumenti digitali, creando   opportunità di fruizione diffusa per intercettare la domanda ancora inespressa dei più giovani;
– attuare uno sforzo collettivo di community building per rafforzare il senso di appartenenza della società civile al patrimonio storico-artistico dei territori.
Solo, quindi, attraverso una crescente collaborazione reciproca tra aziende tecnologiche e operatori del settore culturale sarà possibile implementare quel processo iniziato a fatica già prima che si scatenasse la pandemia e valutare le migliori forme di innovazione su cui investire, affinché la cultura svolga un ruolo da protagonista nella creazione di una responsabilità sociale e nella proposta di un modello di sviluppo sostenibile, che sia aperto anche a nuovi pubblici.

 

(testo a cura della redazione)