I giovani e il futuro di Gibellina, la prima capitale dell’arte contemporanea. L’esperienza della Fondazione Orestiadi

di Francesca Corrao, Professore Ordinario Università LUISS e Presidente Fondazione Orestiadi

Le ricerche raccolte nel XVI Rapporto “Semi di futuro. Giovani, cultura e benessere” dell’Associazione Civita, ribadiscono l’importanza della collaborazione tra esperti di diversi ambiti tematici; dal Rapporto si evince inoltre che maggiore è l’interrelazione interdisciplinare migliori sono i risultati in termini di benessere per i giovani stessi.

L’esperienza scolastica tende a ripetere vecchi schemi inquadrando i campi della conoscenza con separazioni e regole rigide, mentre un’efficace formazione dovrebbe stimolare i giovani a sperimentare; l’innovazione nasce infatti dalla rottura di schemi pregressi. Il rigore nel campo della ricerca è necessario, ma la creatività richiede un cambio di passo. Un cambiamento positivo è sovente il risultato di un processo innescato dalle difficoltà, dalle sfide, pertanto narrare il percorso della trasformazione non è sufficiente perché occorre un’esperienza pratica. L’arte, e in particolare il processo creativo, può fare piccoli miracoli; ne è un esempio, seppur nelle sue contraddizioni, la città di Gibellina.

Dopo il terremoto che nel 1968 ha colpito il Belìce, il Sindaco di Gibellina non ricevendo risposte adeguate dalla prassi politica – che proponeva l’emigrazione – lanciava un appello agli artisti siciliani per sostenere il diritto dei terremotati a restare e lavorare nella loro terra. Gli appelli ebbero buon esito e mentre la città rinasceva a poca distanza, nelle baracche si facevano mostre e spettacoli. Dopo anni di attesa il trasferimento nel nuovo centro causò un ulteriore spaesamento: case separate da larghe strade, invece della contiguità nell’antico borgo medievale, senza riferimenti alla cultura locale. Dopo la delusione della ricostruzione, Ludovico Corrao veniva rieletto. Il sindaco delle utopie possibili richiamò gli artisti a collaborare con gli artigiani per trasfondere la loro esperienza in arte. Si realizzarono opere con gli artigiani del ferro, del marmo, della ceramica e del ricamo.

Alcuni artisti tennero dei laboratori d’arte con i ragazzi delle medie e delle elementari. Da quelle esperienze nacquero opere plastiche e rappresentazioni teatrali che videro i cittadini protagonisti, in vario modo, di tante molteplici attività creative. Mario Schifano disegnava e discuteva del suo lavoro con i giovani. Li interrogava sui loro sogni e quando alla domanda “cosa vi manca?” risposero “ il mare”, l’artista disegnò per loro una grande onda. Toti Scialoja chiamò i ragazzi ad essere i protagonisti dell’opera teatrale “Re Serse e l’orso”; gli adulti collaborarono a cucire i costumi e a preparare le scenografie disegnate dal pittore-poeta.

Da quella generazione sono emersi nuovi artisti, artigiani, scrittori, docenti, operatori culturali e un pubblico sensibile ed educato. I loro figli oggi continuano ad educare le generazioni successive ricordando loro quell’esperienza epica. Nonostante tanto successo ad un certo momento il flusso di risorse e l’interesse verso quel processo venne meno; si tornò alla routine e lo spettacolo non fu più fucina ma intrattenimento, divertimento temporaneo, non atto creativo condiviso.

La Fondazione Orestiadi, creata da Ludovico Corrao, per mantenere vivo lo spirito che aveva animato le iniziative culturali sin dall’inizio, ha continuato a portare avanti quel sogno mantenendolo in vita. Nonostante le difficoltà, derivate dalle diminuite risorse, le attività della Fondazione hanno continuato a fare da traino ed ora per il 2026 la città di Gibellina è stata proclamata prima capitale dell’arte contemporanea italiana.

Il desiderio di trasmettere quella esperienza è vivo e si adatta al mutato contesto. Nel frattempo nuove arti e tecnologie si sono affacciate sul territorio. Adesso i laboratori di fotografia sono un’occasione per i ragazzi di contribuire con le loro foto a decorare le facciate, o le vetrine dei negozi. I laboratori di arte si rinnovano e si moltiplicano. Ora occorre insegnare a mantenere viva l’arte della bellezza e della cura; una bellezza che sia buona e utile, richiede attenzione e cura, qualità che conferiscono dignità all’esistenza.

Anche il turismo diventa un’opportunità per creare nuove professioni che vanno dall’accoglienza alla comunicazione. Gibellina si propone di diventare un modello per i piccoli centri che hanno le potenzialità per rinascere. Dalla valorizzazione dell’artigianato locale per produrre gadget, all’ospitalità diffusa anche nelle località della provincia che sono già collegate sia per i progetti museali sia per i servizi delle biblioteche e delle attività di produzione artigianale e della ristorazione.

Le maestranze, i genitori e gli insegnanti insieme agli artisti rielaborano antichi linguaggi e li trasmettono ai giovani. Dal ricamo alle fotografie come con l’artista Rossana Taormina, o ai tessuti di Jonida Xerli; e ancora i laboratori di pensieri e disegno di Francesco Impellizzeri.

Tutto ciò richiede coordinamento e chiarezza condivisa dei propositi, adulti e giovani insieme vivono un tempo di educazione creativa. Artisti, attori, musicisti, ceramisti, ricamatrici al museo, in biblioteca, al centro anziani affiancano la scuola nell’accompagnare i giovani nell’importante compito della formazione. Il valore dell’attenzione e della cura è reciproco. Educare al rispetto e alla cura per le persone e le cose non è oggetto di studio ma di trasmissione che avviene nel fare insieme tra adulti e giovani.

In quest’ottica quest’anno abbiamo inaugurato anche un laboratorio di aneddoti comici e di poesie; tra il serio e il faceto si sono create le condizioni per riportare i ragazzi a giocare con le parole, sia con serietà sia attraverso lo scherzo buffo, per divertimento. L’arte abbraccia ogni espressione umana, e in queste rientra anche il riso. “Senza risate la nostra vita è paragonabile a un bocciolo che non fiorisce” osserva il filosofo giapponese Daisaku Ikeda. Anche il senso dell’umorismo va coltivato, perché serve a non prendere sé stessi troppo sul serio; il riso capovolge ciò che opprime aprendo uno spiraglio di serenità quando la vita appare difficile. Il riso rompe gli schemi, ma non spaventa, perché è una rottura temporanea, utile a mostrare che tutto si trasforma ed è sempre possibile creare un nuovo ordine. Così tra le risate abbiamo concluso un primo esperimento di bellezza e gioco.

A voler ben osservare l’esperienza di Gibellina ritroviamo le diverse anime del teatro della vita che nelle sue multiformi espressioni è l’essenza della cultura italiana.