Corporate Cultural Responsibility. La nuova sfida dell’impegno culturale d’impresa

di Simonetta Giordani, Presidente Comitato “Arte&Impresa: corporate cultural responsibility” dell’Associazione Civita

 

Il dibattito sul ruolo dei privati  nella salvaguardia, valorizzazione e gestione dei beni culturali e, più in generale, sul valore aggiunto che il mondo imprenditoriale può dare alla crescita culturale di un territorio è giunto oggi ad almeno una conclusione unanimemente condivisa. Infatti, se resta aperto il confronto circa ruoli e compiti di ciascuno, privato e pubblico, nella gestione dei beni culturali, pare invece assodato che il privato sia chiamato comunque a dare un contributo. Non a caso negli ultimi anni si sono moltiplicati sia gli strumenti normativi, sia le best practice di collaborazione, finalizzati ad incentivare gli interventi privati a sostegno del patrimonio culturale materiale e immateriale del Paese. Tuttavia, nello scenario attuale, pur in presenza di una informazione costante e capillare sull’importanza degli investimenti in cultura e il riconoscimento della necessità del contributo dei privati, il reale impegno delle imprese rimane relegato ad un posto marginale rispetto a quello riservato ad altri settori.
Partendo da questo presupposto, abbiamo provato ad affrontare la questione da un altro punto di vista, ponendoci alcune domande:  oggi la cultura è già parte delle strategie di impresa? Gli obiettivi e gli investimenti delle aziende comprendono in modo organico il settore culturale? E ancora, considerato che oggi quasi tutte le aziende sono impegnate sul fronte della Sostenibilità d’impresa – avendo chiaro che  operare sul territorio significa porre attenzione anche all’ambiente ed al sociale – perché non pensare all’impegno per la valorizzazione dei beni culturali come parte della Sostenibilità? In un Paese come l’Italia, dove tutto è storia e cultura: il paesaggio archeologia,  le città e i borghi  vissuto millenario, investire nel sociale non significa anche farsi carico del grande patrimonio d’arte presente sul territorio? Tale approccio avrebbe a nostro avviso un duplice vantaggio per le imprese e per le istituzioni e i territori. Le imprese avrebbero infatti la grande opportunità di costruire intorno agli investimenti in cultura un percorso organico, partecipato, ben oltre la mera elargizione o sponsorizzazione, con la possibilità di misurare gli impatti dei loro investimenti sia all’interno che all’esterno, come oggi avviene per le iniziative di sostenibilità ambientale, sociale e intellettuale.  Una presa in carico costruttiva, ancorata a parametri precisi di fattibilità economica di ogni iniziativa, con ricadute in termini di rigore e trasparenza nel rapporto con il pubblico. D’altra parte istituzioni e territori dovrebbero anch’essi attuare un cambio di passo nella considerazione del ruolo del privato nell’attività di tutela, valorizzazione e promozione delle attività culturali: maggiore condivisione di obiettivi e priorità; collaborazione nella progettualità di interventi e iniziative;  sistematica valutazione costi-benefici per la comunità e per il mondo imprenditoriale.
Un forte mandato in tal senso ci viene dato oggi a livello internazionale, con l’adozione da parte dell’ONU dell’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).  La cultura è il tema trasversale ai 17 obiettivi, sia in termini di conoscenza, sviluppo intellettuale, integrazione, partnership, sia di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale delle città e dei territori. L’Italia con il suo immenso patrimonio, 51 siti Unesco e l’enorme attaccamento “culturale” delle comunità locali alle proprie radici storiche può rappresentare un laboratorio unico per sperimentare nuove politiche di sostenibilità all’insegna del fattore cultura.
L’Associazione Civita ha deciso di lanciare questa sfida, partendo dalle best practice delle aziende associate e dall’esperienza maturata in questi anni.  A tale scopo è stato costituito un Comitato, “Arte&Impresa: corporate cultural responsibility” finalizzato a fornire linee guida ed indirizzi alle aziende per l’inclusione della “Corporate Cultural Responsibility” nella strategia di Sostenibilità. Il punto di caduta è quello di  arrivare a rendere “sistematico”,  con obiettivi e risultati misurabili,  l’impegno delle aziende in attività di tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, così come oggi avviene  per le attività a tutela dell’ambiente o di carattere sociale.  Tutti temi sui quali le grandi imprese pianificano annualmente obiettivi e politiche, impegnando risorse e competenze in ambiti diversi dal perimetro di business. Secondo la rilevazione statistica 2016, contenuta nel VII Rapporto CSR di Socialis, l’80% delle imprese italiane con oltre 80/100 dipendenti è impegnato in iniziative di CSR, per un investimento che solo nel 2015 è di oltre un 1 miliardo di euro. La rendicontazione non finanziaria è ormai ritenuta necessaria anche dal governo UE che con la Direttiva UE/95/2014 ha chiesto agli Stati membri di introdurre nel loro ordinamento l’obbligo per le grandi imprese quotate di includere nei propri bilanci una dettagliata informativa sulle politiche di sostenibilità. La Direttiva è in fase di recepimento in Italia. Le politiche di Sostenibilità diventano quindi sempre più strategiche, come del resto indicato dalla comunità finanziaria che,  già da alcuni anni, manifesta estremo interesse per questo ambito, come per quello economico e di governance. Così come i Governi, che vedono nella sostenibilità uno strumento importante di coinvolgimento, di pressione sul mondo imprenditoriale e di stimolo al cambiamento e all’innovazione.
Da parte nostra crediamo che ricomprendere l’impegno in cultura all’interno delle politiche di sostenibilità  possa stimolare le imprese a fare di più,  migliorando la qualità e la sostenibilità anche economica dei loro interventi, e  possa, al contempo,  contribuire al superamento di vecchi pregiudizi da parte del pubblico sul ruolo del privato nella gestione del patrimonio culturale. Pensiamo quindi che sia giusto inserire gli investimenti in cultura nella più ampia cornice della sostenibilità, fornendo alle imprese gli strumenti per operare al meglio.