Il crowdfunding, un viaggio da pianificare e fare insieme

Intervista a Luca Francescangeli, giornalista e consulente in pubbliche relazioni


Qual è stata negli ultimi anni l’evoluzione del fenomeno del crowdfunding in Italia, e in generale a livello internazionale, in termini di volume di raccolta. A livello europeo qual è il posizionamento del mercato italiano per volumi e quali sono le novità?

 

Il settore del crowdfunding italiano è in costante crescita da ormai più di 10 anni.

Ma prima di entrare nel dettaglio, è bene capire quali sono i segmenti principali di questo settore che appartiene di diritto al fintech. La classificazione più comune ne individua quattro: 1) reward, cioè una raccolta online per la realizzazione di un progetto (es. un prodotto innovativo), che prevede una qualche forma di ricompensa ai sostenitori o backer 2) donation, cioè una donazione per una causa o un progetto in cui crediamo, senza necessariamente ottenere qualcosa in cambio 3) equity, cioè micro investimenti nel capitale di aziende, in genere startup e PMI innovative 4) lending, cioè piccoli prestiti a privati o ad aziende.

Parlando di numeri, la raccolta del crowdinvesting (quindi solo crowdfunding in equity e in lending) su piattaforme nazionali ha superato i 430 milioni di euro nel periodo luglio 2021-giugno 2022. Il dato viene dal Politecnico di Milano, che ogni anno pubblica un report che fotografa il settore. Per quanto riguarda il donation e il reward, invece, parliamo di volumi che si attestano a circa 50 milioni di euro l’anno. In questo caso la prudenza è d’obbligo perché questo segmento è mappato in modo meno analitico di quello relativo al crowdinvesting e inoltre non vengono conteggiate le campagne attivate da team e creativi italiani su grandi piattaforme internazionali, come Kickstarter o Indiegogo.

A livello europeo e rimanendo nel campo del solo crowdinvesting, l’Italia è il quinto mercato europeo per volumi, includendo in Europa anche la Gran Bretagna, regina indiscussa di questa graduatoria.

In sintesi, il crowdfunding nazionale cresce ed è ormai fuori dalla sua fase iniziale di sperimentazione pionieristica. Rimane tuttavia un fenomeno di nicchia e con ampi margini di apertura e adozione da parte del pubblico generalista.

Un’ulteriore spinta in questa direzione arriverà nei prossimi anni dalla creazione del mercato unico europeo, almeno per quanto riguarda l’equity e buona parte del lending. Il regolatore comunitario, infatti, ha riconosciuto l’importante ruolo di stimolo dell’economia reale da parte delle raccolte online, approvando un regolamento europeo che ha superato le singole norme nazionali. In questo modo sarà possibile – da novembre di quest’anno – raccogliere e sollecitare investimenti in tutti i paesi dell’Unione, potendo contare su un set di regole comuni. Ovviamente anche la competizione tra progetti e tra piattaforme di raccolta diventerà internazionale. Al momento non è previsto nulla per donation e reward, ma è facile attendersi un impatto “riflesso” anche in questi segmenti.

In particolare – nei segmenti donation e reward – vedo un’opportunità interessante che molte grandi aziende italiane potrebbero cogliere. Si tratta di coinvolgere community locali e/o accomunate verticalmente da un interesse di rilevanza pubblico per la co-progettazione e il cofinanziamento di progetti di open innovation e di responsabilità sociale. Una community che può essere costituita sia da clienti/utenti già esistenti, sia da persone che potrebbero diventarlo. Una campagna di crowdfunding è sempre e comunque un’attività di marketing e comunicazione. Se fatta con criterio e onestà, può portare grandi benefici al brand, dimostrando un reale impegno verso valori e impegni condivisi. Senza dimenticare che il crowdfunding è un viaggio da pianificare e fare insieme, in un’ottica bottom up. Un viaggio, aggiungerei, che non termina con la chiusura della raccolta fondi, ma con la piena esecuzione del progetto finanziato. Esecuzione che va sempre rendicontata con trasparenza e puntualità ai sostenitori/backer. Non serve necessariamente un grande – cioè costoso – progetto per avere successo con il crowdfunding, ma serve un progetto condiviso, che faccia innamorare i nostri sostenitori dell’idea iniziale e del percorso necessario per metterla a terra.