Musei e tecnologia, per un linguaggio universale e un’accessibilità più inclusiva

Intervista a Paolo Giulierini, Direttore MANN di Napoli

L’avvicinamento e la partecipazione dei più giovani all’arte e alle preziose collezioni sparse in tutto il Paese rappresentano una “conditio sine qua non” per le prospettive di un museo; in questa ottica, una straordinaria avventura digitale può far dialogare una istituzione culturale con migliaia di potenziali, nuovi visitatori, amanti dell’arte, studenti e soprattutto giovani. Quanto è importante che il Passato imbracci le armi del Futuro, in ragione di una visione culturale nuova e che faciliti un’accessibilità più ampia ed inclusiva?

Sono ben noti i processi che hanno portato, nel tempo, alla progressiva suddivisione fra musei d’arte antica e musei tecnologici, quasi a marcare il fatto che i due mondi, separati con approccio positivistico a partire dall’Ottocento, lo fossero anche ab origine. È quasi banale invece ricordare come ben poco delle conquiste dell’arte del mondo antico sarebbe stato possibile senza una corretta padronanza delle tecnologie. Le straordinarie scoperte di Pompei hanno accelerato sempre di più tale processo di ricongiungimento dei due mondi perché, caso unico insieme al mondo egizio, hanno restituito tutti gli oggetti della vita quotidiana che spesso il mondo antico non ci ha restituito oppure che è stato tenuto in disparte, spesso in oscuri depositi, rispetto ai più empatici e comunicativi oggetti d’arte. Ne è conseguito spesso un’idea falsata della società antica. Oggi il MANN, cosciente che la società antica non può essere raccontata senza ristabilire tale connubio, che la rende, tra l’altro, molto più vicina a quella attuale, ha avviato, da una parte, il progetto di rinnovo, riallestimento e ammodernamento di quella che fu la dismessa sezione tecnologica, affidandosi ad una collaborazione con il Museo Galileo Galilei, che già lavorò alla mostra “Homo Faber. Natura, scienza e tecnica a Pompei”; dall’altra, ha intrapreso un percorso di narrazione tramite le tecnologie di tutti i contenuti museali per conseguire gli obiettivi previsti dai due Piani strategici e in linea con la Convenzione di Faro e i 17 obiettivi dell’agenda Unesco 2030. Per far questo occorre però che gli Istituti si preparino con adeguati sistemi comunicativi, tecnologie, servizi, a partire anzitutto da contenuti culturali ben meditati e accessibili a tutti i tipi di pubblico, e ovviamente, dall’installazione delle infrastrutture (dal wi-fi fino all’auspicabile 5g) e staff multidisciplinari in grado di controllare tutti questi settori. Con questo spirito, dopo la costruzione degli strumenti di base (logo, immagine coordinata, sito web)  fin dal 2017, insieme all’Università Federico II, tramite il progetto OBVIA, sono stati rilette, alla luce di tutti i linguaggi artistici meno presenti nei musei, le collezioni storiche: letteratura, cartoon, fumetto, cinema, hanno raccontato il museo, e lo hanno diffuso sui social ma anche nelle principali infrastrutture di Napoli, come la metropolitana e l’aeroporto o, a livello nazionale, nei treni frecciarossa, profilando alla fine del progetto questo nuovo pubblico che veniva a contatto con i musei. Nasce contemporaneamente la MANN TV, la prima TV digitale di un museo italiano con il compito di creare una selezione di canali con i contenuti digitali prodotti progressivamente dall’Istituto.
Ma il Mann non si è fermato qui. Ha anche osato la via del gaming, realizzando, primo museo in Italia, insieme all’associazione Tuo Museo, il videogame “Father and Son”. Con il progetto PON Accessibilità, afferente alla stagione di finanziamento FESR 2014-2021, hanno visto la luce cinque “corti” di Lucio Fiorentino dedicati a stati emozionali del pubblico che visita il museo, la serie Un Lupo al Museo, candid camera legati a temi di forte impatto sociale, come il razzismo, le diverse sensibilità, racconti di gialli al museo nella serie I Gialli Mondadori. Tutti questi contenuti, riversati nel digitale, hanno creato un enorme palinsesto e comunità digitali nuove e variegate. Con la nuova stagione dei fondi della digitalizzazione PON e PNR l’Istituto riverserà, come da piano strategico, contenuti scientifici ottenuti tramite la ricerca (ad esempio i colori delle statue o la ricostruzione e il restauro digitale di opere e edifici, le molte operazioni con Google Art, le ricostruzioni virtuali relative ai monumenti descritti nelle sezioni museali) su un’app fruibile da tutti gli utenti, secondo i principi della trasparenza tecnologica, della crossmedialità, dell’accessibilità, principi fondanti del Piano Strategico 2019-2023; non solo: renderà visitabile da remoto il museo tramite guida interattiva, costruirà un enorme patrimonio di OPEN DATA di oggetti descritti anche con scannerizzazione 3d e aprirà ad una nuova stagione di gaming. In materia di sicurezza e di studio del comportamento dei flussi museali sarà oggetto di sperimentazione anche l’intelligenza artificiale applicata alle videocamere.

Il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli da lei diretto, e che oggi è tra i più prestigiosi e ricchi al mondo, costituisce un caso di eccellenza in termini di capacità di avvicinare i pubblici più giovani all’arte adottando i linguaggi delle nuove tecnologie: un esempio fra tutti, il noto videogame “Father and son” ambientato al MANN e che ha riscosso un grande successo. Qual è a suo avviso il principale risultato di questa esperienza? 

Il videogame, prodotto in 10 lingue, tra cui il napoletano, e scaricato da oltre 5 milioni di utenti in tutto il mondo, nato da un’idea di Fabio Viola e Ludovico Solima, è stato indubbiamente una delle scommesse di questo nuovo corso gestionale del MANN. Annunciare ora una nuova stagione di giochi, frutto dei futuri finanziamenti PON e PNR, pare una normalità ma all’epoca nella quale prendemmo la decisione non lo era. La forza dirompente del nuovo linguaggio, l’idea che si poteva completare il gioco solo tornando al museo, il seguito di commenti entusiastici registrati a tutte le latitudini del mondo confermano con evidenza che il pubblico nutre passione per le narrazioni a patto che esse, pur nel rigore di fondo, siano divertenti, comprensibili, adeguate al linguaggio dei nostri tempi. Oggi i musei devono utilizzare quanto messo a disposizione dalla tecnologia, altrimenti il rischio è di non essere più compresi. Il videogame, tra l’altro, paradossalmente, comincia anche ad avere dei musei che ne narrano la storia, avendo almeno più di Cinquanta anni. Lo si potrebbe candidare a bene immateriale UNESCO giacché esprime a mio parere (che conta poco perché soggetti più autorevoli si sono già espressi) una nuova forma d’arte. Inoltre si tratta di un linguaggio universale, molto utile se i musei vogliono aprire a contesti globali e, come cercheremo di fare nella seconda uscita, può essere anche una potenziale arma di finanziamento per gli Istituti che lo producono.