Verso l’umanesimo digitale
Creare un luogo interdisciplinare e aperto alla contaminazione tra le diverse competenze per favorire la nascita di un “umanesimo digitale” in cui il “saper fare” sia importante almeno quanto il “saper pensare” in un dialogo serrato tra industria, cultura, scienza, tecnologia ed estro creativo: è questa l’ambizione che ha portato Associazione Civita e Fondazione Human Technopole, il nuovo istituto italiano di ricerca sulla scienza della vita, a firmare un Protocollo di intesa a fine 2020 finalizzato alla promozione della cultura scientifica e alla diffusione della conoscenza.
“Contaminazione” del resto è una parola cara all’Associazione Civita, fa parte del suo DNA. L’Associazione nasce, infatti, dal progetto di recupero di Civita di Bagnoregio, un borgo nell’alta Tuscia, quando un banchiere visionario e già nostro Segretario Generale, Gianfranco Imperatori, ebbe per la prima volta l’idea di mettere attorno ad un tavolo enti pubblici di ricerca – CNR ed ENEA che si occupavano degli interventi di consolidamento della rupe e degli interventi di staticità – insieme ad un pool di aziende private, alcune ad alto contenuto di innovazione tecnologica, per provare ad immaginare un futuro per quel borgo che stava morendo, per valorizzarlo e metterlo al centro di un circuito virtuoso del reddito che ne garantisse in futuro la auto-sostenibilità. E da quella idea l’Associazione è diventata una associazione nazionale composta da imprese, molte delle quali fanno ricerca e sono impegnate sul versante della scienza e della tecnologia.
Questa collaborazione nasce dell’idea di rendere ancora competitivo il nostro Paese, che ha un glorioso passato, una tradizione millenaria riconosciutaci da tutti, ma che ha avuto una battuta d’arresto a partire dai cambiamenti epocali della rivoluzione del XX secolo, spinti e trainati da grandi teorie scientifiche (l’elettromagnetismo, la meccanica quantistica, la biologia genetica, l’evoluzionismo, la relatività) che hanno avuto impatti significativi sulla cultura.
Nonostante l’Italia abbia, infatti, contribuito a quella stagione con grandi scienziati, quali tra gli altri Fermi, Majorana, i Ragazzi di via Panisperna, i matematici Ricci Curbastro ed Enriques, è come se il nostro Paese non abbia saputo acquisire tali riconoscimenti scientifici come componenti organiche della propria cultura. Conseguenza di ciò è stato, nel corso del tempo, l’acuirsi di una divaricazione tra cultura umanistica e cultura scientifica che in Italia è stata particolarmente rilevante a seguito della politica culturale dell’idealismo di inizio secolo – basti pensare alla scuola uscita dalla concezione di Croce e Gentile, il migliore esempio di quella separazione tra culture -, secondo la quale da una parte vi era il saper umanistico di chi deve dirigere la società e dall’altra la scienza e la tecnica per chi deve lavorare.
Oggi però abbiamo capito, anche sull’onda lunga di quanto stiamo drammaticamente vivendo in tempo di pandemia, che la scienza e la tecnica sono parte integrante della cultura. L’impresa tecnico-scientifica è, infatti, un fattore centrale anche in termini di rinnovamento etico e intellettuale: pensiamo, ad esempio, a come gli sviluppi e le innovazioni tecnologiche possono oggi aiutare filosofi e umanisti a riflettere su problemi fondamentali che hanno contraddistinto il pensiero filosofico fin dalle sue origini, ma pensiamo anche al contributo prezioso che i filosofi danno nell’affrontare tematiche che nascono in ambito scientifico e tecnologico, quale la bioetica.
Quindi, i tempi sono maturi per superare quello che Piergiorgio Odifreddi ha definito un “anacronistico equivoco intellettuale” perché, come egli stesso spiega, “la cultura è una sola e le cosiddette culture umanistica e scientifica sono ciascuna una metà di un tutto; è una disputa senza senso, analoga a quella di chi dicesse di essere a favore di uno dei due emisferi del cervello, ma non dell’altro. In realtà, così come abbiamo bisogno di entrambi gli emisferi, abbiamo bisogno di entrambe le culture.”.
L’Associazione Civita è convinta che per strutturare un valido progetto di rilancio per il nostro Paese sia assolutamente necessario partire dall’idea che scienza e cultura sono parte di una Cultura che è unica, in un dialogo rinnovato anche con la società finalizzato a costruire fiducia tra il mondo della Cultura e i cittadini, considerando che le scoperte della scienza migliorano la qualità della vita delle persone e che la scienza e la tecnologia sono anche uno strumento che consente di valorizzare la tradizione culturale millenaria del nostro Paese unica al mondo.
L’Associazione, quindi, in quanto associazione culturale ma soprattutto associazione di imprese, vuole fare la sua parte, nella convinzione che le imprese vadano coinvolte e affiancate, ancor più in questo momento storico in cui esse hanno una particolare centralità e strategicità e sono ormai abituate, e costrette, a misurare la propria capacità sulla base della creazione non soltanto del valore economico, ma anche del valore sociale e ambientale ovvero del valore culturale per i propri interlocutori sulla base delle nuove metriche della sostenibilità.
Simonetta Giordani, Segretario Generale Associazione Civita